lunedì 5 dicembre 2016

Botta & Risposta: Incontro con Leo Ortolani alla Feltrinelli di Napoli


Buongiorno Evereaders! Quest'oggi sul blog potete leggere il riassunto del passato incontro con Leo Ortolani che si è tenuto il 22 novembre alla Feltrinelli di Napoli. Quindi se non ci siete stati, ecco cosa vi siete persi!

THE WALKING RAT
di Leo Ortolani
                                                                                           

TITOLO ORIGINALEThe Walking Rat

EDITORE: Panini Comics

GENERE: Umoristico

PAGINE: 162pp

PREZZO: 19,90€

USCITA: 4 nov 2016

FORMATO: 20x28,9



TRAMA

Il mondo è alla deriva. Niente più automobili, né gente incollata al cellulare. Niente stress, né paure. Sì, perché in realtà siamo già morti tutti. In questa travolgente saga zombie Leo Ortolani risponde alla domanda che da sempre assilla l'uomo: c'è umorismo, dopo la morte?

LET'S TALK!

AVVERTENZE!! L'incontro tenutosi per la presentazione di The Walking Rat (di cui potete leggere la recensione QUI), vi farà ridere a crepapelle, soprattutto per l'ultima domanda, quindi tenetevi forte, e tenete lontani i bicchieri d'acqua, potreste dar vita pasticci!



Che cosa ti ha spinto a realizzare The Walking Rat? E che cosa volevi raccontare attraverso questo fumetto, che non fosse una classica parodia degli zombie?

NON LO SO! No dai, scherzi a parte, solitamente cerco sempre di dar vita a storie che divertano prima me, perché se no disegnare diventa un po’ pesante. A questo proposito la nascita di The Walking Rat è dovuta al mio re-innamoramento per The Walking Dead, che seguivo già dalla prima pubblicazione, e avevo abbandonato per via dei disegni di Tony Moore che a io avviso, con il suo tratto “cartoonesco”, non riusciva ad essere credibile, e a rendere tutta la tragica situazione nella quale si ritrovano i protagonisti. Questo abbandono è cessato quando poi il timone è passato ad Adlard, con il suo stile particolarissimo, sporco ma efficace, e da lì in poi è stato subito amore a prima pagina. Ho infatti recuperato tutta la serie a fumetti, fino all’arrivo di Negan, tutta d’un fiato. In quel momento sono stato preso da una voglia folle di realizzare qualcosa di simile, la solita voglia che mi spinge a pensare “Anche io voglio fare una cosa simile a questa!”, un atteggiamento un po’ da bambinone, ma che funziona. Forse è una forma di incapacità al fare qualcosa di proprio, non lo so, so solo che funziona così: prendo lo stesso prodotto, in questo caso gli zombie, e provo a divertirmi cercando di creare qualcosa di diverso, che riesca a strizzare l’occhio al prodotto di base. Con The Walking Rat è venuta fuori una storia particolare, raccontata da un punto di vista diverso, quello di un protagonista che non è un umano, ma bensì uno zombie, per cui una storia diversa da quella di The Walking Dead, che è la storia di un gruppo di esseri umani spinti all’estremo, in uno scenario post apocalittico, con gente che mangia gente che manco il Mc Donalds. Si fa la conoscenza con un personaggino che, seppur zombie, si ritrova a voler rimettere in ordine la società. Un esempio? A lui non sta bene vedere la città piena di cartacee, completamente devastata, e quindi si ritrova immancabilmente a chiedere l’aiuto dei sui simili, a coinvolgere i suoi compagni a mettere ad esempio in ordine le macchine in autostrada. The Walking Rat inoltre è la mia ultima parentesi guascona prima dell’epilogo di Rat-Man, grazie alla quale ho potuto prendere un’ultima pausa dalla storia principale, e divertirmi.

Lungo tutta la tua produzione fumettistica, c’è una tua forte passione verso la Marvel, che si riferisce non solo all’utilizzo di determinati personaggi, come nelle prime storie di Rat-Man, ma anche ad una passione trapelata dalle tue interviste. Continui ancora ad avere una passione per questo genere, cercando ad esempio di inserirla stilisticamente nelle tue opere come Rat-Man, Star Rats, The walking Rats?

Bella domanda! In effetti devo dire la verità, partendo dagli albori di Rat-Man, questi riferimenti erano piuttosto espliciti, ma c’era l’intenzione di prendere un po’ in giro i soliti cliché dei supereroi. Questa intenzione si rifletteva immancabilmente quindi anche sulle inquadrature, sugli effetti speciali, ed elementi del genere riportavano a quello. Poi ovviamente sono passati anni, e con gli anni anche tanti altri fumetti sono passati sotto i miei occhi. Ora mi verrebbe da dire che l’influenza maggiore viene da certi manga, da effetti riprodotti nei fumetti giapponesi come i giochi di ombre e le sfumature, e lo si può ben notare nel numero 69, che ancora oggi mi lascia basito. Devo inoltre ammettere che inizialmente, prima di Rat-Man, facevo dei fumetti che riprendevano lo stile manga, con delle inquadrature (che io chiamo “alla Sergio Leone”) lunghissime. Per quanto riguarda lo stile americano, quello di base c’è ancora e sopravvive, perché si parla di supereroi, e della mia concezione di vederli. Come mi facevi notare sono più orientato sui supereroi Marvel, ma più che altro perché in Italia la DC Comics ha avuto una storia un po’ travagliata, e quindi nel mio immaginario non c’è rimasto molto, se non le grandi opere.


All’interno di The Walking Rat si parla di Conventions di fumetti, o comunque c’è un momento in cui, quello che solitamente succede nei film di zombi all’interno di un centro commerciale, qui viene riproposto all’interno di un centro convegni nel quale si è svolta una fiera del fumetto. C’è persino una tua satira riguardo al mondo del fumetto, riproposta da uno standista che dice: “C’era un autore di fumetti, prima che scoppiasse l’apocalisse, che è stato azzannato da tre persone, e solo uno solo però era uno zombie”. La mia domanda è “parli per esperienza personale”? In tanti anni di carriera ti è mai capitato di trovarti ad avere a che fare con fan eccessivamente hardcore?

Spero che uno di questi non sia qua! Be’ sì, ci sono stati dei fan del genere, che ad esempio hanno pianto quando ci siamo abbracciati e…vi prego non lo fate! In primo luogo perché non ne vale la pena, poi perché è imbarazzante per gli altri che guardano, e qualcuno potrebbe morderti, o magari baciarti, ma in quel caso puoi dire che hai la mononucleosi. In realtà a volte si sviluppano delle forme di idolatria nei confronti dell’autore che finiscono nell’eucarestia, al punto che si iniziano a desiderare pezzi dell’autore in questione da portarsi a casa. La scelta di ambientare la storia in una fiera del fumetto però nasce da un avvenimento successo durante un Lucca Comics and Games di tre anni fa, quando ci fu il pienone incredibile che bloccò tutto. In quel momento mi venne subito da pensare: “E se tutti questi visitatori fossero zombie? Non ci sarebbe via di scampo!”. Poi ovviamente ho messo anche il cliché tipico del centro commerciale, che era dovuto.

Oltre a questo, anche in The Walking Rat è possibile avvertire una tua critica umoristica alla società. Ad esempio c’è un passaggio in cui il protagonista, al di là del voler mettere tutto in ordine, fa intendere che si trova meglio in questa situazione apocalittica, piuttosto che nella sua vita precedente, lasciando intendere che da zombie si è più liberi rispetto a prima, quando conduceva la vita in maniera passiva. I tuoi zombie lo sono solo esteticamente, perché caratterialmente essi assomigliano molto più agli esseri umani. Ti andrebbe di spiegarci questa visione?

Alle volte le cose che si infilano in una storia capitano un po’ per caso, per cui io mi limito solo a fare la battuta, che poi essa è già di suo uno strumento che va a cogliere alcuni aspetti della realtà, e solitamente è proprio questo che fa nascere la battuta e fa scattare la risata. A me faceva ridere questa situazione nella quale ormai la gente, senza più social, era costretta ad uscire finalmente di casa, ad incontrarsi, e magari passeggiare insieme. Mi viene da ridere perché i miei amici, che ormai vedo raramente, mi considerano un tipo social, e la prova lo sono proprio i miei canali come il blog, facebook o twitter, dove sono molto attivo. Con loro un po’ meno, e pensate che ho visto molto più alcuni fan che loro quest’anno! Mi affascinava quindi raccontare questa realtà, che una volta venuto a cadere l’aspetto social che la circonda, costringesse le persone a dover tornare nuovamente a guardarsi in faccia, e l’ho trovato bello! Poi ci sono in mezzo tante altre battute, come ad esempio l’unica cosa positiva dell’essere zombie è che non ci sono più vegetariani.

Rat-Man è un successo editoriale in Italia, forse il successo editoriale più forte degli ultimi 15 anni, non tanto come successo in se, quanto piuttosto per via della sua durata. Il successo di Rat-Man si contraddistingue infatti per essere un successo costante, privo di alti e bassi. Ti sei chiesto come mai?

Be’ prima di tutto è merito dei miei lettori, perché senza di loro non potrei esercitare questo mestiere che amo, e che a mio parere è uno dei lavori più belli del mondo. Io credo inoltre che la qualità di un fumetto, come quella di Rat-Man, seppur non dovrei essere io a dirlo, dipenda dal fatto che l’autore per primo non debba annoiarsi durante la stesura. Con Rat-Man ho cercato di fare questo, e di non annoiarmi; di riflesso credo che non si siano nemmeno annoiati i lettori, e questo perché tutte le volte che c’era un momento in cui sentivo di girare sempre sulle stesse cose, facevo un salto avanti. Per capirci, questo atteggiamento si vede anche nella storia dove c’è il pescatore che va a pescare le storie sempre più al largo, atteggiamento che rispecchia la mia filosofia, quella di non fermarsi mai ad un punto, ma spingersi oltre. Mai adagiarsi sugli allori, ma continuare a dar vita ad idee sempre nuove.


Passando a Rat-Man, il tuo fumetto ha una sua continuity, cioè gli episodi non sono totalmente conclusivi. Fin dall’inizio avevi intenzione di impostarla in questo modo, o è stata una volontà nata nel corso dell’opera, dopo aver capito che potesse funzionare, o che comunque fosse adatta al tipo di personaggio che avevi creato?

Direi che era più che necessaria per permettere a questo personaggio di sopravvivere. All’inizio erano storielline semplici, ma poteva funzionare solo all’inizio, e infatti dopo il sesto numero mi sono chiesto “e quindi?”. Da lì ho cominciato a creare un passato per il mio protagonista, e una trama su cui potessi procedere; nel corso degli anni poi la trama ed il protagonista sono cresciuti, si sono affinati, e sono nati dei characters più evoluti e complicati, che mi hanno portato al punto dove sono ora, al punto conclusivo, nel quale mi ritrovo a dover chiudere le divere linee narrative, che erano state lasciate in sospeso, alle quali il lettore non ci aveva fatto caso più di tanto, ma che io avevo già in mente di chiudere in un determinato modo, e a cui pensavo continuamente.

Quando e perché hai deciso di chiudere Rat-Man?

Nel momento in cui ho visto che le cose che volevo raccontare su Rat-Man erano rimaste tre o quattro. In quel momento ho iniziato a frenare, e a chiudere dietro di me tutte le porte. Questa cosa però era già partita con il numero 80, e infatti questo finale per me non è del tutto inaspettato, ma qualcosa studiato da tempo. A me piace avere delle cose che si chiudono. Sono ad esempio disturbato da queste serie infinite che continuano ad essere pubblicate anche dopo la tua morte. Il fatto che i protagonisti continuino a combattere indisturbatamente a seguito della mia scomparsa, e una cosa che mi dà un fastidio! Io credo che una cosa sia bella proprio perché possiede un inizio, uno svolgimento ed una fine, ed il finale dona il valore alla vita stessa. Se poi incidentalmente il finale arriva nel momento in cui una serie è nel suo maggior culmine, tanto meglio, perché chi viene dopo avrà una serie completa di un certo valore, senza punti morti…senza finali buttati un po’ così.

DI SEGUITO LE DOMANDE DEL PUBBLICO

Hai intenzione di creare un seguito su “Due figlie e altri animali feroci”?

Per questo libro prima di tutto bisogna riportarlo in libreria, perché è andato esaurito per tante volte, e quindi prima di tutto vorrei venisse nuovamente ripubblicato. Io sto comunque continuando a mettere via questi siparietti, non scritte da me, ma dalle mie figlie: piccole perle che io continuo a raccogliere, piccolezze di vita normale, come ad esempio la Lucy che mi dice “Ecco vedi, mi dai sempre la colpa! Sai cosa sei? Un colpista!”, corredato magari da un disegnino. Un libro così ad esempio mi piacerebbe, scritto però a sei mani. Non farei però un altro libro come “Due figlie…” perché le mie figlie mi citerebbero per danni, ed io già temo l’arrivo dei loro diciotto anni!

Per quanto riguarda altri tuoi personaggi, come ad esempio Mucco e Mucca, ci potrebbe essere un eventuale ritorno?

Ecco, questo sarebbe uno di quei progetti messi da parte che sarebbe bello poter tornare a sviluppare. Una serie nata sempre per caso, tra me e mia moglie, che ha tratteggiato l’immaginario di diverse coppie durante tutti questi anni. Sarebbe bello racchiudere queste vignette in un volume, ma ovviamente tutto questo necessita del tempo, e di un attimo…che non ho…però vedremo!

Prima si parlava, riguardo The Walking Rat, dei frequentatori di fiere del fumetto. Sarei però curioso di conoscere la chiave di lettura di una fiera, dal tuo punto di vista, quello di un autore.

A parte la paura del morso…Io continuo a fare le fiere perché mi diverto! Ma le frequento anche perché è il momento in cui tu come autore hai un po’ una conferma che quello che stai facendo ha interessato il pubblico, e c’è ancora qualcuno che ti segue. Ma essenzialmente ci vado perché mi diverte!


Da dove viene lo stile che caratterizza i tuoi personaggi? L’inconfondibile “muso da scimmia”?

Viene un po’ dall’ignoranza. Io non sono capace di disegnare fumetti con volti reali, e fin da bambino ho dovuto ripiegare su questo muso da scimmia qua, che mi ha accompagnato sempre. Ho sempre pensato “non posso fare gli esseri umani, ma animali che assomigliano ad esseri umani”, e son venuti fuori queste scimmie qua, e me le son portate dietro fino ad oggi, anche se il tratto si è affinato ed evoluto.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Di progetti futuri ce ne sono sicuramente molti, perché mi tocca continuare su questa strada, anche se io in realtà volevo fare lo scaffalista da Esselunga, ma ovviamente non c’era posto, e quindi mi tocca fare il fumettista per forza. Ovviamente ci sono altre cose che riguardano Rat-Man, come ad esempio l’albo omaggio che viene dato a chi ritaglia le pagine e crea il poster, che verrà recapitato direttamente da casa. E poi c’è un qualcosa che stiamo organizzando per Lucca, che prende in giro una nota testata, così come è stato fatto per La Settimana Enigmistica, di cui però non posso ancora fare spoiler. C’è poi l’intenzione di realizzare miniserie di 4/5 numeri, così da poterli scrivere e disegnarli prima, e non arrivare con l’acqua alla gola come ora. O magari qualche spin-off sui personaggi, come ad esempio potrebbe essere “Semplicemente Cinzia”, che è una sfida tra me e Licia Troisi, che una volta mi disse “Dai, io e mio marito ci terremmo molto che tu facessi qualcosa su Cinzia!”. Tutto quello che dico però prendetelo con il beneficio del dubbio, perché potrebbero passare davanti cose interessanti, e non vedo perché lasciarsele scappare.

E PER FINIRE LE MIE DUE DOMANDE PERSONALI

Tra i vari protagonisti di The Walking Rat, quello che forse è spiccato di più, e inaspettatamente si è fatto valere di più è stato Fetoardo. Com’è “nato” questo personaggio?

Fetoardo nasce un po’ come le tante cose che funzionano nelle storie, un po’ per caso, poi da lì pensi a quello che potrebbe fare durante la storia, e costruirgli poi attorno il resto della storia, pensando a quello che potrebbe fare o non fare. Secondo me la vita di uno sceneggiatore di fumetti è quella di stare sempre svegli ad aspettare che le idee si autogenerino da quelle che sono state buttate dentro, magari buttate dentro per dar vita ad una gag. E Fetoardo nasce così, da una gag, di questo qui che ha in casa questa cassetta con dentro un feto. In realtà ho anche io un feto in una scatola.

Quali sono le principali differenze che distinguono i due eroi Rat-Man e Topo-Man?

In realtà tra RAT-MAN e TOPO-MAN la differenza è poca. Soprattutto se assumiamo il fatto che in realtà si tratti di rat-Man che ha perso la memoria da vivo. Se invece restiamo a guardare questo omino qualunque, che si traveste da supereroe per portare avanti la sua causa, per mettere a posto le cose...anche in questo caso, la differenza sta solo nel non avere il passato delle storie vissute da Rat-Man, ma la spinta e l'entusiasmo sono gli stessi. Forse, ma solo forse, Topo-Man è in un certo senso più maturo di Rat-Man, in quanto alla fine accetta il suo destino, quale che sia. Senza porsi troppe domande, a cui non avrebbe risposta. Ma, ancora una volta, accogliendolo sempre, sempre con lo stesso entusiasmo. Quello sì, contagioso.

AH NO! C'E' LA DOMANDONA FINALE CHE VI FARA' SGANASCIARE DALLE RISATE!

Se in un futuro ti nominano papa, che nome scegli? Rat-Man XVI?

In realtà sceglierlo prima porta un po’ sfiga, e preferirei molto di più partecipare a Miss Italia, forse avrei anche più possibilità di vittoria.


Ed eccoci giunti alla fine! Se avete letto l'intervista tutta d'un fiato, meritate un Ever-applauso, se invece l'avete letta ad intervalli irregolari, o non avete riso, allora meritate un Ever-scappellotto! Intanto un'appello: LEO SE STAI LEGGENDO QUESTO POST SAPPI CHE SBOBBINARE UNA TUA INTERVISTA RIENTRA TRA LE NUOVE FATICHE DI ERCOLE!
Messo da parte il sarcasmo, vi saluto e vi invito a farmi sapere la vostra!
See you soon! -Lewis

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