DARKEST MINDS
Buongiorno e bentrovati amici di Everpop! Chiudiamo la settimana (e ce ne andiamo in vacanza) con la recensione di Sunday alla pellicola cinematografica di Darkest Minds.
REGIA: Jennifer Yuh | GENERE: Distopico
SCENEGGIATURA: Chad Hodge | DURATA: 105'
PRODUZIONE: 21 Laps Entertainment | ANNO: 2018
DISTRIBUZIONE: 20th Century Fox | USCITA: ago 2018
CAST
Ruby - Amandla Stenberg
Liam - Harris Dickinson
Cate - Mandy Moore
Zu - Miya Cech
Clancy - Patrick Gibson
Ruby - Amandla Stenberg
Liam - Harris Dickinson
Cate - Mandy Moore
Zu - Miya Cech
Clancy - Patrick Gibson
CIAK SI RECENSISCE
Alexandra Bracken
qualche anno fa ha scalato la classifica del New York Times posizionandosi al
numero 1 con Darkest Minds, il primo
di una serie di romanzi young adult,
pubblicato nel 2012 in lingua inglese e arrivato da poco in un’edizione
italiana curata da Sterling & Kupfer, che ha affidato la traduzione a
Michela Albertazzi. Giusto in tempo per l’uscita al cinema del film tratto dal
primo capitolo di questa nuova distopica saga.
Metto le mani avanti: non la conoscevo. Non sapevo niente. Avevo
visto un trailer del film, un trailer che mi aveva incuriosito da un lato, ma
anche lasciato perplesso dall’altro: cosa poteva offrire di nuovo, che non
avessimo già visto? Stavo per guardare un altro Hunger Games, Divergent,
Shadowhunters? Perché mi ricordava un po’ La casa dei bambini speciali di Miss
Peregrine, un po’ Stranger Things, e non mi sembrava avere un’identità
particolarmente forte?
Vi dico solo che, durante i titoli di coda, ho preso in mano il
mio smartphone e ho acquistato online anche il secondo e il terzo romanzo in
lingua originale, perché non credo di poter aspettare a lungo per scoprire come
proceda la storia.
È vero, alla base la trama non suona particolarmente innovativa.
Una malattia ha devastato l’umanità, colpendo solamente i bambini: in molti,
moltissimi, sono morti. I sopravvissuti hanno sviluppato delle abilità
speciali, invece, e il governo - con la promessa di una cura - ha iniziato a
rinchiuderli nei campi di riabilitazione, veri e propri campi di concentramento
nei quali chi ha sviluppato abilità troppo pericolose per essere controllato
viene ucciso, mentre gli altri sono messi a lavorare forzatamente. A
sopravvivere rimangono i Verdi, i più inoffensivi, che hanno sviluppato
un’intelligenza eccezionale; i Blu, che hanno acquisito capacità telecinetiche;
e i Gialli, che controllano l’elettricità.
Ruby ha 10 anni quando finisce nel campo di Thurmond. Ma Ruby
non è Verde, né Blu, né Gialla: Ruby è un’Arancione. Apparentemente, l’unica
Arancione in grado di spacciarsi per Verde e rimanere in vita, almeno fino ai
16 anni, quando ha inizio la sua fuga per la sopravvivenza, insieme ad altri
tre ragazzi in cerca di un rumoreggiato paradiso nascosto in cui giovani
fuggitivi vivono in armonia. Fa così amicizia con Zu, Ciccio e soprattutto Liam,
verso il quale scatterà immancabilmente qualcosa.
Ecco, raccontato in questo modo Darkest Minds potrà incuriosire qualcuno, ma anche annoiare,
dipendendo probabilmente da quante volte abbiate già avuto a che fare con una
storia simile. Però in qualche modo la regista, Jennifer Yuh Nelson, ha impacchettato una storia già vista in maniera
originale e assolutamente efficace. Una regista qui al suo esordio live
action, dal momento che tra le sue (poche) esperienze dietro la macchina da
presa troviamo film animati come i due sequel di Kung Fu Panda, ma che è stata
capace di gestire sapientemente tanto le scene d’azione quanto quelle più
intime, e con una varietà in grado di tenere alta l’attenzione in ogni momento.
Amandla Stenberg è
un’attrice giovane ma già con esperienza nel genere – avete pianto per Rue in Hunger Games?, è sempre lei! – e la sua
chimica con Harris Dickinson,
co-protagonista maschile, è decisamente percepibile. E non manca qualche nome
di richiamo tra gli adulti, a giocarsi i ruoli secondari: Bradley Whitford,
Mandy Moore, Gwendolin Christie su tutti.
Quello che davvero spicca e rimane, di Darkest Minds, è però il tono. E il messaggio. Perché, se dal
trailer mi sembrava un banale film dai toni scuri, un po’ edgy secondo le mode dei primi anni Duemila, in realtà mette in scena una distopia davvero
inquietante, anche se scarsa di dettagli, una realtà cupa e quasi horror. Per quanto riguarda il messaggio,
invece, è abbastanza palese sin dalla
sinossi come nell’utilizzo dei colori per categorizzare i ragazzi e alla
distinzione tra “noi” e “loro” ci sia una metafora evidente, e non penso di
dover approfondire in questa sede. Penso però che, in particolare in questo
momento storico, storie come questa siano particolarmente importanti.
E poi, hey, a un certo punto Ruby e Liam parlano di Harry
Potter, e se anche voi come me siete fan della saga non potranno non venirvi gli
occhi a cuoricino. Io vi ho avvertiti.
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